Nel pomeriggio della domenica prima di Natale ho preso un treno da Roma per il Molise: questi treni sono tra i pochissimi a non arrivare come tutti gli altri all’inizio della stazione Termini ma ad un binario “bis” che sta tra due binari “normali”, per cui bisogna percorrere quattrocento metri in più rispetto agli altri viaggiatori. Non mi è ben chiaro il motivo dell’uso di questi scomodi binari, soprattutto perchè vedo spesso dei binari ad inizio banchina vuoti e allora mi domando perchè non sia possibile utilizzare quelli; e anche non capisco il perchè siano destinati ai binari “bis” quasi esclusivamente solo i treni per il Molise, senza distinzione di orario (anche la sera quando sono ben pochi i treni in partenza dalla stazione e quindi spazio ce n’è) e senza alternanza con treni per altre destinazioni. Immagino che sia una scelta strategica delle ferrovie, che reputano la linea Roma-Campobasso poco importante, e quindi la relegano in questi lontani binari.
Questi treni diretti in Molise effettuano spesso una fermata nel Lazio, a Cassino. Siccome gli altri treni per Cassino sono locali e quindi effettuano molte fermate, molti pendolari preferiscono prendere questi treni per il Molise per risparmiare tempo, e sono dunque spesso molto affollati da Roma a Cassino o da Cassino a Roma. Se nel secondo caso il disagio per i passeggeri molisani è minore perchè si saranno già seduti salendo in Molise (e sembra che i passeggeri di Cassino preferiscano stare in piedi per un’ora e mezzo invece che seduti per due ore e un quarto… gusti!), nel primo caso partendo da Roma negli orari centrali della giornata spesso non si trova un posto a sedere fino a Cassino.
Avevo scelto la domenica prima di Natale presupponendo che tutti quelli che avessero avuto il fine settimana libero sarebbero già partiti di sabato. Mi sbagliavo perchè anche essendo arrivato con largo anticipo alla stazione, il treno era già pieno. Ho trovato per caso un posto a sedere.
Avvicinandosi la partenza, il treno si è continuato a riempire di persone e bagagli fino a che non si è esaurito tutto lo spazio a disposizione, che era poco dato che il treno era formato da pochi vagoni. Da quel che ho capito, alcune persone rimaste fuori hanno protestato vivamente stazionando sui predellini e il capotreno non potendo garantire la sicurezza non voleva partire. E’ stata chiamata la polizia ferroviaria che è salita sul treno consigliando ai passeggeri diretti a Cassino di prenderne un altro, ma dal mio vagone solo uno di questi viaggiatori era già sceso e due persone hanno apertamente detto che non volevano farlo controbattendo che fosse un loro diritto prendere il treno che volevano, suscitando veementi reazioni nei passeggeri molisani, che ipotizzavano anche un controllo coatto dei biglietti per scoprire ed invitare a scendere i laziali. Alla fine per qualche motivo a me non ben chiaro la situazione si è risolta e il treno è partito con un’ora di ritardo, pienissimo; pochi passeggeri del mio vagone sono poi scesi a Cassino, la maggior parte andava in Molise, quindi il vero problema era che il treno era sottodimensionato per il periodo, e sembra che questa situazione si ripeta ad ogni festa che porta le persone a raggiungere i propri luoghi di origine.
Durante l’accaduto è stato interessante osservare le diverse reazioni: c’era chi simpatizzava con le persone rimaste fuori, dando loro ragione per la protesta; c’era chi invece invocava il rapido intervento della polizia per riportare l’ordine e far partire presto il treno; c’era chi provava a trovare una soluzione “dal basso” cercando di convincere i passeggeri di Cassino, che avevano alternative, di scendere dal treno. In ogni caso né l’intervento della polizia, che consigliava soluzioni personali come lo scendere dal treno dei diretti a Cassino, né quello del capotreno, che offriva ai molisani l’opportunità di prendere un treno per Cassino dove poi ci sarebbe stato un autobus speciale per il Molise (!) sono stati risolutivi.
E’ stato per me immediato ragionare sui comportamenti delle persone di fronte a situazioni inaspettate, per capire cosa fanno le persone quando si vedono negare lo svolgimento “normale” delle proprie attività a cui sono abituate. Per alcuni era normale che chi era salito per tempo partisse, e che chi era arrivato dopo no: non consideravano che il proprio diritto alla mobilità fosse uguale a quello degli altri, e non dovesse dipendere da un fattore casuale come l’arrivo in stazione. Altri invece capivano questo concetto di solidarietà, ma faticavano a trovare una soluzione. Io stesso non avrei saputo cosa fare, ma non ero arrabbiato con le persone che protestavano, piuttosto rassegnato ad una qualsiasi soluzione, compresa quella di non partire.
La mia impressione era di trovarmi dentro una messinscena di una pièce teatrale di cui il regista aveva deciso ambientazione, attori ed elementi iniziali, e poi aveva lasciato libertà di svolgimento agli attori, sicuro comunque che dato il canovaccio l’autonomia non potesse essere poi così ampia. La regia era quella dell’azienda Ferrovie dello Stato, che non avevano nessuna intenzione di far viaggiare comodi i passeggeri in vista del Natale, e così dotavano i treni di pochi vagoni quando era evidente che sotto le feste avrebbero dovuto aumentarli, dato che il problema si ripete ogni anno.
Mi domando, cosa ci guadagnano le Ferrovie dello Stato a trattare male i passeggeri? Probabilmente le persone che sono capitate nella disavventura ci penseranno due volte prima di riprendere un treno sotto le feste (io di sicuro!), preferendo magari un pullman dove il posto è garantito. Il pullman consuma benzina, paga le autostrade di Benetton, inquina, è meno efficiente del treno. Io penso che ogni scelta sia guidata dai soldi che ci sono in ballo, credo che questa sia la strategia: affossare il trasporto locale ferroviario spostandolo su gomma, e per le lunghe distanze proporre, invece dei treni lenti e notturni, un’unica “alternativa” di facciata di treni veloci per ricchi, come la Tav, in cui ci sono maggiori possibilità di guadagno e speculazione.